Come cambiano le abitudini degli adolescenti in tempi di pandemia
La pandemia ha inciso radicalmente sulle abitudini delle persone.
Si potrebbe pensare che l’età aiuti ad adattarsi meglio a situazioni che richiedono pazienza, sopportazione e privazioni.
Invece un bell’articolo di Stefania Andreoli riporta esperienze di adolescenti che hanno sfruttato ogni aspetto della quarantena per utilizzare al meglio lo spazio e il tempo a disposizione e analizza come cambiano le abitudini degli adolescenti in tempi di pandemia.
Ritratto di ragazzi in un interno: così la pandemia cambia gli adolescenti
Il confinamento in casa dimostra che i giovani stanno reagendo meglio degli adulti: molti hanno saputo trasformare la loro quarantena da staticità in vera azione. Cineforum via chat, studi sul balcone, creatività sui social. E rispetto per i prof
I giovani non hanno mai goduto di un’invidiabile reputazione. Da che li abbiamo riconosciuti come categoria antropologica a sé stante, caratterizzata da limiti anagrafici e scopi evolutivi, nel tempo riferirsi agli adolescenti ha perlopiù significato puntualizzare la loro immaturità, insolenza, irresponsabilità. Dagli adulti, dalla fine del XIX secolo, i ragazzi sono stati rubricati di volta in volta come figli e studenti temibili, reazionari facinorosi, nichilisti privi di valori collettivi, protagonisti delle pagine di cronaca, debosciati, egoriferiti, fragili, vulnerabili.
“Adolescenza” è rimasto un sinonimo di verità minori e negative, persino quando le evidenze hanno cominciato ad essere diverse e i ragazzi hanno preso a mostrarsi come soggetti immeritevoli dei pregiudizi del passato. Mentre dunque gli adolescenti cambiavano senza che però cambiassero le riflessioni e i pensieri profondi che l’opinione pubblica aveva di loro (leggi: l’opinione dominante, quella degli adulti), io mi sono seduta sulla sponda del fiume ad aspettare. Non attendevo una pandemia, naturalmente.
L’impensabile, il cinematografico, il fantascientifico
Aspettavo la schiusa degli sguardi, l’accomodamento delle nuove informazioni, il movimento lento e pigro di chi è costretto a scomodarsi per lasciare le certezze già acquisite e i privilegi derivati. Ci sarebbe voluto del tempo: come ogni movimento culturale sarebbe stato carsico, subliminale, resistente. E invece è accaduto l’impensabile, il cinematografico, il fantascientifico. L’intero mondo conosciuto è cessato nel tempo di un decreto, e mentre il dolore e la perdita non hanno bisogno di essere spiegati perché purtroppo può essere sufficiente sentirli , le spore della novità hanno trovato condizioni più favorevoli del normale per attecchire e germinare rapidamente.
Nel corso dei primi giorni, qualche adulto sui social ha fatto opposizione: ho letto più di un tentativo di aggrapparsi alla narrazione rassicurante degli adolescenti difficili da tenere in casa, ingestibili, refrattari alle regole. Non le trovavo invettive credibili — ma io sono avvantaggiata: grazie al mio lavoro di psicologa e psicoterapeuta, i ragazzi mi parlano e lasciano che io li conosca — e infatti, per fortuna, la narrazione è subito cambiata. Presto si sono rivelati gli anziani, i genitori degli adulti, i cittadini difficili da disciplinare. Mentre i nonni si impossessavano delle strade, dei parchi e dei luoghi di aggregazione, i ragazzi si sono chiusi in casa, e lì sono rimasti.
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